Geometria e significati simbolici

Di: Maria Antonietta Crippa e Gabriele Schiatti

Quella prima ideazione spaziale, poco più che abbozzo costruttivo-geometrico, presentava però un dato di grande interesse sotto il profilo culturale: voleva essere una configurazione simbolica capace di sintetizzare, in modo creativo, il profondo rapporto che, per lunghi anni e in studi approfonditi, Liliana Grassi aveva maturato con la tradizione cristiana, dal Paleocristiano al Rinascimento.

La sua realizzazione in un progetto, contenuto nei limiti di costi effettivamente sostenibili da Diocesi e parrocchia, venne affidato dalla Curia milanese, nel 1989, all’architetto Maria Antonietta Crippa, che era stata a lungo allieva di Liliana Grassi e che coinvolse quasi subito il collega, architetto e amico, Gabriele Schiatti. (Per la realizzazione grafica   del progetto e come aiuto in qualche fase di cantiere coinvolgemmo l’arch. Marco Annoni, allora attivo in uno studio professionale di Gallarate, e l’ing. Grazia Magrassi) Maria Antonietta Crippa decise di abbandonare le flessioni di linguaggio che inevitabilmente già vestivano la prima idea di progetto ma di conservare, regolarizzandole e insieme semplificandole al massimo, le implicazioni simboliche che lo strutturavano geometricamente. L’organismo inoltre doveva risultare compatto, emergere vivacemente nel contesto, essere ben leggibile come spazio sacro.

Il tema pianimetrico delle tre stelle ad otto punte, ognuna delle quali era originata dalla combinazione di due quadrati di cui l’uno ruotato di 45 gradi rispetto all’altro, messo a punto da Liliana Grassi, restava il perno fondamentale della nuova figurazione spaziale.

Nuovi progettisti ai quali era stata lasciata piena responsabilità e libertà di scelte nella realizzazione dell’edificio, abbiamo dato alle tre stelle la stessa grandezza; ne abbiamo studiato una copertura cupoliforme, definita da geometrie stellate, costituite da piani inclinati, sovrapposte e in graduale diminuzione.

In Guarino Guarini e nelle architetture arabe abbiamo rintracciato riferimenti geometrici significativi per il nostro progetto. Ritenevamo infatti che il tema dell’ogdoade recuperato da Liliana Grassi, di quel numero otto che nella tradizione paleocristiana indicava un ottavo giorno celeste, della Resurrezione finale, dovesse rimanere inscritto nell’architettura   costruita come un segno da scoprire, rivestito da figurazioni di più immediata e semplice lettura, come la stella, anch’essa tuttavia da ricondurre a una struttura cupolata, a una calotta valida in se stessa per il suo variegato  volume e i suoi piani interrotti da fasci di luce spioventi dall’alto.

Abbiamo dunque cercato di esaltare la geometria stellare, chiave simbolica ricca e semplice al tempo stesso, facendone un tema architettonico dalle forti implicazioni, oltre che pianimetriche, anche spaziali. La geometria in questa chiesa, dunque, è il fondamento di tutto il sistema spaziale.

Alla cultura di chi guarda, vive, contempla e partecipa liturgicamente alle celebrazioni che si svolgono in questa chiesa è affidato il compito di accogliere ciò che queste semplici geometrie veicolano, il grande patrimonio di tradizione figurativa cui esse sono debitrici, cui intendono offrire una testimonianza di consapevole continuità. Non ci interessava tuttavia tradurre in forme didascaliche tale patrimonio, ritenevamo più importante suggerire forme e immagini che ad esso rimandano, che posso essere spiegate in un secondo momento, quando lo spazio ha convinto per le sue qualità intrinseche di poesia e comfort spirituale.

All’esterno tali significati simbolici sono volutamente ancora meno leggibili, poiché le nostre scelte architettoniche li hanno inglobati, in un certo senso ‘nascosti’ in un vivace movimento formale, compatto e vigoroso, che invita scoprire lo spazio interno unitario, luminoso, accogliente.

Del resto nella relazione generale al progetto, redatta dalla Grassi, si leggeva che “il simbolo rivela e nasconde …è mediatore e portatore di significato, definisce il luogo d’incontro fra l’elemento logico e quello figurativo, punto intermedio tra logos e figura”.

Pur avendo preso le distanze da una parte dei simbolismi individuati da Liliana Grassi e avendo ulteriormente precisato la struttura geometrica che la studiosa aveva impostato, ci è parso con le nostre scelte di essere riusciti a restare fedeli alla sua fondamentale volontà di ricordare all’uomo contemporaneo, sia esso solamente permeato da senso religioso o sia esso esperto dei contenuti teologici dai quali prendono origine le forme, che occorre saper vedere nella realtà contingente le tracce di una Presenza trascendente.

Poiché uno di noi, Maria Antonietta Crippa, conosceva a fondo le intenzioni della Grassi nella realizzazione di questo progetto, avendogliene ella stessa più volte parlato, abbiamo percorso serenamente una strada non di interpretazione, ma di messa a fuoco dei valori segnici fondamentali.