Il cammino degli ultimi cinquant’anni

Di: Maria Antonietta Crippa e Gabriele Schiatti

In questo orizzonte si inscrive anche il cammino percorso dalla Diocesi di Milano lungo tutto il XX secolo; la realtà ecclesiale milanese, infatti, è stata molto attiva nella costruzione di nuove chiese, è stata certamente la diocesi più attiva e più dinamica in Italia e tra le più aperte alle novità in Europa. (Sulla storia delle chiese milanesi nella seconda metà del Novecento, cifr. C. De Carli, Le nuove chiese della diocesi di Milano, 1945-1993, Vita e Pensiero, Milano 1993)

Soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo, la concentrazione demografica e il conseguente emergere di nuovi insediamenti hanno richiesto, nelle aree del nord Italia e nel milanese in particolare, l’edificazione di un numero rilevantissimo di chiese, con strutture parrocchiali annesse, per i quartieri di nuova edificazione. Studi approfonditi hanno individuato, in questo arco temporale, una prima fase, coincidente con il fenomeno denominato boom economico, e con l’episcopato del Cardinale Giovanni Montini, tra 1955 e 1963. A questo periodo si fa risalire, in particolare, il primo maturo tentativo di sperimentazione del linguaggio figurativo e della tecnologia contemporanee nella costruzione di nuove chiese; l’uno e l’altra sono stati messi in rapporto con i dettati della riforma liturgica, già diffusi prima del Concilio Vaticano II.

Una seconda e meno luminosa fase operativa, tra 1965 e 1970-80, coincidente in Lombardia con l’episcopato
del Cardinale Giovanni Colombo, è caratterizzata invece dalla sperimentazione, presto interrotta, di nuove chiese prefabbricate, sotto la pressione delle logiche urbanistiche dello zoning e gli orientamenti razionalisti del Piano regolatore.

Intorno al 1975-80 si apre una nuova stagione, tuttora in corso: la chiesa torna ora ad essere edificio importante, portatore di ordine urbano in quanto segno di riferimento nel tessuto edilizio. Gli architetti riscoprono la dimensione simbolica dell’architettura e i segni e simboli della tradizione cristiana.

Tornano inoltre a studiare le chiese antiche con un vivo interesse, non archeologico né principalmente liturgico, ma per la necessità di ritrovare legami precisi tra linguaggio e tecnologie moderne, da una parte, e figure e morfologie tradizionali dall’altra.

Tale clima culturale si complica presto per il sopravvenire di tendenze postmoderne di matrice americana,  indifferenti alle ragioni della storia e alle matrici stilistiche e liturgiche degli edifici religiosi, e di un decostruttivismo alla ricerca di forme plastiche, innovative e di tipo vagamente scultoreo, capaci di veicolare una reinterpretazione sostanzialmente manierista   del linguaggio   ‘moderno’ novecentesco.