Il progetto della nuova Chiesa di Assago

Di: Maria Antonietta Crippa e Gabriele Schiatti

Agli inizi degli anni Ottanta del Novecento, nel clima di un recupero non imitativo in senso stilistico dei valori della tradizione è stata immaginata, elaborata e costruita la chiesa parrocchiale di Santa Maria in Assago, secondo una linea di continuità di significati che lega, in modi non scontati, l’operato di Liliana Grassi al nostro, all’idea di architettura, di progetto e di chiesa maturato in noi che scriviamo questo saggio.

La chiesa di Assago, dunque, benché sicuramente un unicum tra le chiese della Diocesi milanese del Novecento, non è da ritenere tuttavia un episodio culturalmente isolato, fa parte di un gruppo di chiese della Diocesi milanese nelle quali si registra, con molta evidenza, un attento ed equilibrato rapporto tra innovazione e tradizione.

Tale dialogo tra innovazione e tradizione viene, in alcuni casi, interpretato in progetti d’architettura modulati, figurativamente e spazialmente, tramite delicate attenuazioni linguistiche delle composizioni rese possibili dalla tecnologia contemporanea; in altri invece, il progetto esalta, a fini espressivi, di natura sia soggettiva che fortemente socializzante, le componenti tecnologiche. Certamente l’immagine complessiva di Santa Maria in Assago si inscrive nel primo gruppo, non nel secondo.

Nelle chiese realizzate dagli anni Ottanta ad oggi, inoltre, non sempre si registra una vigorosa evidenza dell’edificio chiesa, ridotto a semplice aula unitaria in rispondenza, almeno così si ritiene, alle esigenze liturgiche. Si oscilla infatti tra un richiamo all’ordine, tramite la costante tipologica dell’aula rettangolare non troppo allungata, e l’intenzione di fare di ogni edificio un caso unico e inimitabile. Costante è inoltre l’attenzione ai valori luministici, veicolo di percezione emotiva e di evocazione di silenzio e senso del sacro.

La chiesa nuova di Assago è certamente un edificio che si impone, staccandosi dalla configurazione degli edifici circostanti, benché la sua evidenza sia molto sminuita dal contesto poco strutturato; non risponde, inoltre, alla logica della serialità tipologica, ma neppure esprime lirismi a carattere soggettivo; la sua struttura portante è piuttosto geometrico-simbolica, evocativa ma senza imitazioni   formali di figurazioni storiche ben riconoscibili. Nella zona di Assago, a sud di Milano, dì recente, rapida e continua espansione, in un contesto ambientale senza precise e qualificate caratteristiche urbanistiche, la Diocesi di Milano aveva deciso, negli anni ‘80, di realizzare un nuovo centro parrocchiale; aveva affidato il progetto a Liliana Grassi, allora docente di Tecnica del Restauro al Politecnico di Milano, storico dell’architettura, teorico del restauro e architetto di levatura eccezionale nella cultura italiana. Fu questo il suo ultimo lavoro per l’improvvisa scomparsa nell’estate del 1984, un lavoro rimasto allo stadio di prima ipotesi, ricco delle sue ricerche culturali e delle sue predilezioni simboliche, pensato in aperta polemica con le mode dilaganti fino a quel momento e con la ripetizione passiva di stilemi, fossero essi appartenenti al moderno Novecento o antichi. Prima che noi, autori di queste riflessioni, assumessimo l’incarico del progetto, presso la parrocchia esisteva già un modellino in scala 1:50 della prima idea della chiesa, voluto dalla stessa Grassi e realizzato da artigiani locali. Il progetto era ancora molto indefinito, il modellino era da molti punti di vista prematuro, voluto per capire bene le caratteristiche spaziali della nuova architettura più che per definirla in vista della sua costruzione.