La consacrazione della Chiesa

Di: Don Umberto Caporali

20 settembre 2003

Sabato 20 settembre è stata per Assago una giornata “storica”: la comunità parrocchiale era finalmentearrivata a completare la costruzione della nuova chiesa, chiamata la Santa Maria, e l’Arcivescovo di Milano, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, veniva tra noi per consacrala solennemente al culto cristiano.

Durante l’anno precedente erano via via arrivate le ultime opere dello scultore Sergio Colleoni, che completavano l’arredo interno della nuova chiesa, realizzato nell’anno precedente. Si era infatti iniziato con l’asportazione del vecchio pavimento in vinilico, per poi passare alla posa del nuovo splendido pavimento in marmo orobico diversamente screziato e colorato, che forma, al centro della chiesa, un grandioso disegno stellare sul quale si alzano due gradini a formare il “presbiterio”, magistrale opera il cui merito va all’Architetto Francesco Trisorio che lo ha progettato, e al Cav. Paolino Gervasoni con i suoi marmi e suoi posatori venuti appositamente da Piazza Brembana.

Tutte le opere erano ormai completate: le vetrate policrome, che danno una colorazione cangiante e gradevole all’interno della chiesa, gli ampi anelli delle panche che abbracciano e avvolgono il presbiterio rialzato, i confessionali  disegnati e realizzati su misura,  la antica statua  della Madonna posizionata sul  suo nuovo piedistallo marmoreo  che contiene  anche  i candelieri, la “rinfrescata”  in giallo   canarino  data  alle  pareti, i rivestimenti di legno  lamellare che  portano il “calore” del  legno   al  posto   del  “gelido”  cemento, i  completamente   rinnovati   impianti di illuminazione  e di diffusione sonora, ed infine   le  sculture  marmoree che formano  la sede, l’ambone, la colonna del  tabernacolo, il  fonte  battesimale e lo splendido altare: ognuno un blocco unico di marmo  “Rosa del Portogallo”… Ogni opera era al suo posto, finalmente! Voglio ricordare le difficoltà incontrate, anche se lo farò per una sola delle collocazioni di queste opere (ma vale per tutte le altre): voglio raccontarvi l’impresa titanica della posa dell’altare, l’ultima e più imponente opera dello scultore Sergio Colleoni. Arrivato il camion che lo conteneva, davanti alla chiesa, una potente e speciale gru parcheggiata lì di fianco, sulla strada, lo sollevava e lo deponeva delicatamente sul piazzale soprelevato, ove partiva un percorso protetto con tavole di legno sulle quali con dei trans-pallets pian piano l’altare giungeva davanti ai gradini. Qui è stato montato un “paranco” che aveva due gambe sul presbiterio (rialzato di due gradini) e due gambe sul pavimento della chiesa, con sotto degli spessori per portarle allo stesso piano del presbiterio. L’altare veniva quindi sollevato e fatto scorrere lungo l’asse del paranco, fino a trovarsi al di sopra del presbiterio. Fatto calare a terra, veniva sganciato dal paranco. Il paranco veniva poi ricostruito qualche metro più verso al centro del presbiterio, con tutte e quattro le gambe sul piano del presbiterio. A questo punto l’altare poteva essere di nuovo agganciato al paranco, fatto scorrere lungo il suo asse fino ad arrivare nella posizione giusta. Fermi tutti: bisogna ora far

passare sotto l’altare (che penzola dal paranco) i cavi microfonici, che escono dal pavimento proprio nel centro e che rimarranno poi sotto l’altare. Si mette in sicurezza l’altare penzolante e un coraggioso infila le braccia sotto i 35 quintali sospesi per aria e aggancia i cavi. Ora tutto è pronto: si tolgono le sicurezze, si fa calare pian piano l’altare fino a occupare la sua giusta posizione, millimetricamente segnata sul pavimento di marmo. E’ un grido di gioia: tutto è andato nel migliore dei modi. L ‘impareggiabile Sandro Bertazzi, suo figlio Davide e i suoi operai, l’Architetto Trisorio, lo scultore Colleoni, il marmista Crosanini, lo stesso don Umberto esultano. Si stappa una bottiglia per brindare e naturalmente si tratta di… vin santo, che tutti (una dozzina di persone che si erano affaticati per svolgere questo momento delicatissimo) hanno gradito più di uno champagne di marca!

Nei mesi scorsi era avvenuta anche un’altra fase della preparazione della grande giornata: si erano scelti i canti che avrebbero solennizzato la grande celebrazione, e si era proceduto al loro insegnamento ai tre cori della parrocchia: quello dei bambini, quello dei giovani e quello degli adulti. Per l’accompagnamento musicale die canti, si volle anche prevedere, la partecipazione di alcuni strumenti (ottoni). Inoltre, per l’occasione si dette il via a un progetto già presente da un po’ di tempo: quello di dotare i Coristi di un abito liturgico, col quale partecipare di lì in poi alle sacre celebrazioni. Si fecero stampare quindi i libretti per partecipare al solenne rito (se ne prepararono 1000 copie che bastarono appena appena). I chierichetti fecero prove su prove sotto la guida dei loro valenti cerimonieri, primo fra tutti Michele Figlioli.

I Ministri dell’Eucaristia furono preparati al loro intervento sull’altare e i Lettori liturgici prepararono attentamente le Letture della parola di Dio previste. Ora era veramente tutto a posto.

II pomeriggio del grande giorno, il 20 settembre 2003, eccoci schierati davanti alla chiesa ad attendere il Cardinale. La Chiesa nel frattempo è già piena. Meno male che, nell’ambi to dei lavori precedenti, si sono aggiunti degli altoparlanti che trasmettono sul piazzale della chiesa ciò che avviene all’ interno.

Alle 16,30 ecco che arriva il Cardinale, accompagnato dal suo segretario, una nostra simpatica conoscenza: don Umberto Bordoni era stato infatti per 5 anni Vicario nella nostra parrocchia! Qualcuno ha avuto l’impressione che i ragazzi facessero festa quasi più a lui che (nientemeno!) … al Cardinale!!!

La celebrazione ha inizio, con i canti (che proseguiranno poi per tutta la sua durata) magistralmente eseguiti dai Cori, dagli strumentisti (il Maestro Passuello all’organo, e quattro ottoni). Tutto fila liscio (chierichetti, lettori, e, bisogna dirlo, un’assemblea veramente raccolta e intensamente partecipe) e siamo all’ Omelia, durante la quale il Cardinale ci raccomanda di essere orgogliosi della nostra bella chiesa, e di far essere Assago e la Diocesi intera orgogliosi della comunità cristiana della nostra parrocchia, Chiesa di pietre viventi!
Ed eccoci giunti al momento centrale della celebrazione: dopo aver invocato tutti i Santi, perché proteggano la nostra chiesa e soprattutto la nostra comunità, l’Arcivescovo consacra prima l’Altare cospargendolo di sacro crisma, poi la chiesa, segnando sempre col crisma 12 punti (individuati da 12 crocette, simbolo di 12 apostoli) lungo il perimetro della chiesa. La gente guarda, affascinata da questo solenne rito che sa di antico e di prezioso, tutti pregano, molti sono veramente commossi. Sull’altare appena consacrato viene poi acceso un fuoco e bruciato dell’incenso: salga a Dio la nostra preghiera, dice l’orazione, come le volute di questo incenso profumato si alzano verso il cielo… All’accensione di questo fuoco, tutte le luci della chiesa si accendono come d’incanto: O Dio, rischiara le nostre tenebre! Finalmente l’altare, premurosamente asciugato dai Ministri dell’Eucaristia, viene ricoperto con una splendida tovaglia candida (un altro dono di una parrocchiana gentile), e comincia come in ogni S. Messa la Liturgia Eucaristica. Tutto scivola via ordinatamente e nella gioia partecipata e raccolta da tutta l’assemblea, verso la fine, anche le numerosissime comunioni non creano difficoltà specialmente per la disposizione “stellare” attorno all’altare centrale, e i numerosi sacerdoti e Ministri che le distribuiscono.

Siamo ormai al termine della celebrazione. Dopo una augurale e gioiosa benedizione, il Cardinale vuole fermarsi davanti all’altare e salutare personalmente tutti coloro che lo vogliono. Resterà così in piedi per quasi un’ora (non per modo di dire. Veramente un’ora!) a stringere mani e salutare, a complimentarsi, a promettere una preghiera…. A ciascuno una parola, un sorriso, una stretta di mano, un segno sulla fronte…

All’ uscita, ogni parrocchiano può ritirare una artistica medaglia ricordo ricavata da una fotografia di Giampietro Livini, che porta incisa su un lato le cupole della nostra chiesa,e sull’altro la data della solenne celebrazione di oggi. La giornata prevedeva poi una cena in Oratorio, cui tutti avrebbero potuto partecipare, in amicizia e serenità. Purtroppo, il Cardinale doveva andare via (ormai sono le 20: la celebrazione è durata due ore e un’altra ora, come detto, per salutare tutta la numerosissima gente che vi ha preso parte), perché il giorno dopo ha in programma un’altra intensissima giornata in altra parte della Diocesi. “Ma vi lascio, a mio nome, il vostro don Umbertino!” ci rassicura. Ed infatti il segretario dell’Arcivescovo resta con noi fino alle ore piccole, concludendo con noi questa memorabile giornata. Tutto è andato veramente bene. Sia ringraziato il Signore! “E noi?” dirà qualcuno… Sì siate ringraziati anche tutti voi!